Mario Pischedda

Mario Pischedda

venerdì 24 febbraio 2012

IL PRIMO SOCIAL, UNCONVENTIONAL, ARTIST
(…questa ai media piace)

Lo so. Ci sono molti modi per fare una dichiarazione d’amore. O per dare il giusto incipit alla presentazione di un artista. Molti di più, se si tratta di Mario Pischedda.
Fotografo, videomaker, scrittore, poeta, performer, provocatore, concept artist
Una figura cult del contemporaneo e della cultura pop in Italia che, se la conosci, la ami. Ti entra in testa, vi si siede dentro, magari scatta qualche foto, e poi non te ne liberi più.
E io, purtroppo, sono pazzo di Mario Pischedda.


Ma chi è Mario Pischedda?
Un ossimoro vivente
Dal greco, ξύς «acuto» - ξύμωρον «ottuso», figura retorica che sottintende l'accostamento di termini di senso contrario o in forte antitesi tra loro. 
Tanto internazionale per visione dialettica e propositiva, per la rottura sistematica degli schemi e l’apertura all’innovazione, quanto profondamente radicato alla sua terra, la Gallura.
Un luogo appartato, se si ha l'accortezza di lasciare alle spalle i villaggi turistici e gli abusi edilizi della costa, che vede circolare a piede libero sulle sue strade tortuose e deserte una mina vagante di inarrestabile, straripante e imprevedibile energia creativa. 
Un avanguardista tribale che sembra essere stato generato dalle viscere maleodoranti di una grande periferia urbana. Di Berlino, New York, Buenos Aires, Shangai.


Se il paradosso rappresenta uno dei punti di partenza per iniziare a conoscere il personaggio, “creatività” diviene invece la parola che guida ogni sua attività espressiva, ogni istante dell'esistenza di questo affabulatore anomalo, costretto a confrontarsi, di tanto in tanto, con la propria vita privata (tenuta nettamente separata dalla vita artistica). 
Prima di partire ogni volta verso nuovi progetti, macchina fotografica in mano, telecamera in borsa. Con un tempesta di idee che brulicano sotto la zucca pelata.


Ecco cos'è. Ora l'ho ben chiaro.
E' un produttore compulsivo di immagini, sequenze, parole, progetti grafici, video, sogni, che opera ormai da trent’anni, e che ha le sue radici nella mai non troppo rimpianta avanguardia degli anni ’80 (sue molte copertine di Frigidaire), la rivista di satira di Sparagna, Pazienza, Mattotti, Tamburini, Scòzzari. 
Uno che non è mai stato un reduce, e mai lo sarà, proprio perché sa rinnovarsi ogni volta, perché opera in stretto contatto con il presente, che riesce a rileggere sempre in chiave estetica e ironica.




Pischedda, si trova così delegato ad essere un testimone del contingente.
Lo specchio deformante di una realtà nella quale vive, ma dalla quale riesce ad astrarsi ogni giorno, per fermare una nuvola e raccontargli la propria visione del mondo. Un visionario, che se qualcuno gli dice che gli asini volano, subito pensa: "quanto sarebbe bello". 
Un bambino, che disegna il sole sulle pareti del salotto buono, che si lecca le dita finito di mangiare la Nutella, e che si diverte a dire cacca! quando la zia invita le amiche per il tè.

"La mia felicità è condividere. Non possedere."
Pix


DOGMA SARA’ LEI

Una poetica che si basa su pochi e semplici dogmi

1 – l’arte deve essere libera e istintiva.
Priva di qualsiasi condizionamento e compiacimento

2 – l’arte deve essere gratuita, mai svenduta. Ma l’aspetto commerciale non è demonizzato in sè, ma funzionale solo se può ad aiutare la diffusione o la moltiplicazione dei progetti in atto

3 – l’arte deve essere effimera e può anche vivere per lo spazio necessario ad una sola fruizione, ricordando in questo la scia di una nave, che si solleva maestosa al suo passaggio, cresta, per poi annullarsi nei flutti, sino a sparire. Lasciando di sè, solo un ricordo.

4 – l’arte non deve essere confezionata, non deve essere accattivante, ma deve comunicare e suscitare una emozione/reazione.
Così è possibile, se serve, intervenire in post produzione.
Ma anche l’imperfezione, la magia del primo ciak senza prove, e senza sceneggiatura, la sfocatura, diviene catalizzatore di emozione e parametro stilistico.

5 – l’arte è la mediazione tra estetica e cultura popolare. Tra alto e basso, tecnica e casualità, ironia e dolore. O forse solo il punto di incontro di ogni possibile visione.

Dogmi che ho scritto io, e che Pischedda, non firmerà mai, perché Pischedda odia i dogmi.

PROBABLY THE BEST ITALIAN PHOTO ARTIST 

Su queste basi si struttura e si snoda l’attività di un artista diverso da tutti gli altri “…problably the best italian photo artist…” secondo la Saatchi Gallery of London, che lo ha voluto inserire nella sua gallery on line. 
Una definizione che Pischedda non ha mai pensato di sfruttare a proprio vantaggio o implementare. Allievo spirituale di maestri come Franco Fontana, dotato di un dono naturale dell'inquadratura, di una cultura visiva che egli stesso è tuttavia pronto a barattare per l'immediatezza e per la capacità di leggere l'essenza delle cose. Anche fosse solo un sorriso. O la propria immagine riflessa nello specchio. 
Convinto - l'ho anche scritto a commento di una delle foto che troverete in fondo alla pagina - che "Chiunque può fare una fotografia".



"Il f(oto)grafo è sempre in viaggio alla ricerca di se stesso."
Pix

Ma facciamo un passo indietro.
Pischedda è, è stato, e sarà sempre un provocatore nato.

Un trasvolatore della ricerca sincero e bulimico, che, a partire dagli anni ’90, ha abbandonato la remunerativa attività di fotografo commerciale per sfidare il caos, lanciando i suoi strali prima da Bortigiadas (Bultigghjata in gallurese), poi da Tempio Pausania
Rappresentando con un occhio assolutamente "urban" uno scenario dove è facile scorgere ulivi, spiagge, persone semplici, case abbandonate, paesaggi notturni, imbarcarderi, feste di paese. Come nessun altro artista, contemporaneo, almeno come mio ricordo, propone come materiale visivo.





Creatore, molti anni prima dello Sgarbi-pensiero, di una Rassegna del Nulla denominata con autentico approccio DadaFesta della Liberazione dei Frigoriferi Intelligenti” (Qual è il programma? Nulla!). Caratterizzata dal sottotitolo “Portatevi Tutto, non aspettatevi Nulla”.
E, nel 2011 di un improbabile “Festival della Merda”, dedicato a Piero Manzoni, incentrato sulla totale libertà di espressione (ognuno, su una spiaggia, fa quello che gli va. O non lo fa. O fa qualcos'altro).
Capace di farsi appendere sulla pubblica via in occasione di una rassegna d’arte con il “vestito buono”, con tanto di valigetta ventiquattr’ore, "grottesca icona di ciò che la società pretende che noi vogliamo essere".
O di vendere all’asta “la saliva amarulenta dell'uomo più visionario del pianeta Terra”, cioè Enrico Ghezzi, suo amico e musa ispiratrice (…bè, ognuno trova le Muse dove meglio crede…) certificata dal Ghez in persona. O da un suo sosia sputato.

Enrico Ghezzi. Pala d'Altare


CAMOUFLAGE PER IMMAGINI E PAROLE

Da solo, o in compagnia, il safari iconico è sempre aperto.
E come un cacciatore di immagini, Pischedda sa che qualcosa di commestibile, alla fine, riuscirà sempre a portarlo a casa.
Ma anche se questo non succedesse, non è un problema, visto che lui stesso diviene spesso il protagonista dei propri scatti e delle ricerche estemporanee, che lo vedono assumere i volti e i camuffamenti più spiazzanti. 
A volte con interventi grafici digitali, a volte modificando in fase di scatto la propria immagine con oggetti, accessori, occhiali, cappelli,coprendosi il volto con la terra o il bitume.
In un lavoro sull’autoritratto, “sulla visione di sé” che, anche in questo caso, anticipa di molti anni le sperimentazioni di Cindy Sherman,
Yayoi Kusama, o di altri nomi altisonanti.

ho questa fertilità che non produce niente
il sapore che non sa di nulla / il sapore del non sapore
Mario Pischedda (spampoetries) 

Con una ricerca linguistica che rivela uno stile leggero, che punta ogni volta a ribaltare il significato delle cose. E che trova nell’aforisma (graficizzato), il suo completamento finale e nelle spampoetries (poesia + spam, vedi il volume edito da Gallizio Editore nel 2008) l'interfaccia lirico che meriterebbe molto più spazio di quanto non possiamo ora dedicargli.
Perché la parola, come sanno bene outsider artist come Mauro Gottardo o Alberto Casiraghy, prima ancora di essere linguaggio, è immagine.


ARTE SOCIALE. ANZI DIGITALE.
I'AM internet art movement

Un contributo che ha trovato nella cutura web e digitale il suo naturale terreno di confronto, l’humus sul quale impiantarsi e germinare sino a divenire una pianta semi-infestante. 

"Internet è il più grande editore del mondo...
...una società in cui tutto è condiviso, messo in rete e creato 
in collaborazione, non solo amplierà la coscienza collettiva, 
ma aprirà la strada anche a una maggiore tolleranza e giustizia..."
Pix
Le sue provocazioni, non a caso firmate con lo pseudonimo PIXEL, sono così declinate su un frequentatissimo blog dallo stile minimal che supera il milione e mezzo di accessi mariopischeddainmovement.blog.tiscali.it che ospita post a partire dal 2004. Ma anche sui canali youtube e su una pagina facebook che è ormai indispensabile avere tra i contatti.
Con un vezzo in più, quello di voler rimuovere entro 12 ore tutti i post, e di non ospitare, per scelta, gallerie di immagini.
Pronto a cancellare ogni contributo, lasciando addirittura la pagina bianca (una bestemmia per noi feisbukkari), quasi a voler ritrovare una naturale verginità, regalandosi ogni giorno una ulteriore opportunità di rinascita.

Un'operazione ancora una volta "alla pischedda" che, senza neanche rendersene conto, ha di fatto dato vita all'unica Pop-Up Art Gallery presente nei social, sovvertendo le regole. Una cosa, fidatevi, che lascerebbe anche Mr. Zuckerberg con la faccia un po' così.
Vi ho incuriosito? Volete saperne di più? 
Basta leggere quello che compare su di lui sui tanti blog che ne cantano le gesta, neanche fosse un personaggio mitologico. O provare a contattare on line amici e critici, come l’imprevedibile Eugenio Alberti Schatz (tra i suoi massimi esperti, autore del saggio "cinque passi nel delirio + 1", 2012) curatore della mostra milanese "Dissipatio M.P" 2011 
(a questo link il testo completo http://www.ladomir.com/sito/eugenio_alberti/testo.asp?id=138&page=1&anc=138) 
 
Tutti
vi sapranno declinare la loro versione dei fatti con toni e modi più articolati e autorevoli. Perché, per scrivere saggi critici, bisogna anche essere critici (e io non lo sono), ma anche ben più saggi di me.


Eugenio Alberti Schatz


Se, invece, voleste leggere uno dei suoi libri autoeditorializzati in un numero limitato di copie (come gli introvabili Cafè Bizarre 2010 o Tap Roul 2012), provate a scrivere direttamente a Pischedda, e proponetegli un baratto (è sufficiente un certificato di effettuazione di baratto, una propria opera, un cesto di mele, un forcipe, una prima edizione di Moravia).
Lui accetterà. Perché sa che da questo nascerà un confronto, e ogni nuovo incontro è un dono. E l’arte, poi, non ha prezzo.


IL CINEMA SECONDO PISCHEDDA 

Similare, ma forse ancora più imprevedibile, la produzione filmica di Mr. Pixel, che propone clip di taglio documentaristico (slices of life), interviste per strada, camera car, spezzoni di vita vissuta apparentemente insignificanti (ha sempre in mano una macchina fotografica o una macchina da presa) che presi da soli potrebbero sembrare privi di alcun senso, ma che si completano in una lettura collettiva come le tessere di un mosaico, che vanno viste da lontano e nel loro insieme. 




Discorso a parte meritano i corti d’autore, rigidamente autoprodotti, chiamando a raduno amici artisti, ma anche persone comuni, con uno stile autonomo e schizofrenico, come se qualcuno mettesse in uno shaker Ciprìmaresco, Agosti, Citti e Jim Jarmusch.
Perché anche quando lavora con le immagini in movimento Mario Pischedda, non ama le regole. Ma le segue.
Non ama l’ordine, ma applica un metodo. E’ un poeta parolibero, ma rispetta la grammatica e la tecnica visiva.
Perché teorizzatore di una metodologia artistica semplice e chiara, che presuppone, nella costruzione di un video, l’immediatezza, il caso, la partecipazione dialettica (e quindi creativa) di qualunque soggetto coinvolto nell’esperimento, recuperando in parte la teoria filmica di Dziga Vertov - kinoglaz (Кино-глаз). E la capacità che hanno i luoghi di comunicare.




Lo confesso.
Ci si mette un po’ a capire la sua poetica. A comprendere quale filo sottile leghi un prodotto di fiction a una ripresa video apparentemente marginale, a un’intervista rubata per strada.
Ma poi, accade il miracolo. E allora godi, e diventi Pischedda Addicted. Malattia contagiosa, dalla quale è bello evitare di riprendersi.



Gesuino Deiana Deiana, nei panni di Tik. In realtà ben conosciuto chitarrista e compositore in area world music, tra i volti e gli sguardi più utilizzati da Pischedda regista.

In questo scenario H!cus (vedetelo al link http://vimeo.com/29654057) microfilm in slow action di omaggio alla Terra Madre, ti colpisce per la sua assurda ambientazione spazio temporale: foresta amazzonica/boscaglia gallurese.
Per il silenzio.
Per quelle facce da indios che sembrano uscite da un film di Pasolini.

Per la qualità della fotografia in bianco e nero, sempre di grande qualità, che rivela il suo decennale expertise.
E ti ritrovi subito, come preso per mano, in un’atmosfera rarefatta, estetica, che pone il tema della sacralità del silenzio, e del cibo, del rapporto tra simili, della fusione con la natura. Dell'importanza del silenzio.
La poetica di Pischedda, però, non è né punitiva nei confronti dello spettatore (la sua ironia dilaga), ma neanche conciliante o ammiccante. Priva di filtri e compromessi. E' così. Come un albero che cade nella foresta. Che cadrebbe comunque, anche se non ci fosse nessuno lì ad ascoltarne il tonfo.

Questo stile è identità. Mi piacerebbe chiamarlo Neorealismo magico
O anche Surrealismo Neorealista.
Anche in questo caso ossimori forse scontati, ma che trovo perfetti per descrivere un mondo, mai così reale, mai così fantastico, dove non ci sono più asini che volano. Così, ora, siamo costretti a inventarli.


Alfredo Accatino 
 Roma, Marzo 2012 + qualcosina Gennaio 2013



Mario Pischedda e Alfredo Accatino, l'Agnata, Gallura, 2011


P.S. 
Quando la Biennale di Venezia, si sveglierà dalla pennichella, mi sa proprio che lo deve chiamare.

P.P.S. 
Ah, dimenticavo. Questo piccolo testo critico, come mi hanno insegnato, dovrebbe concludersi con una nota biografica. Ma solo adesso, mi rendo conto che non gli ho mai chiesto che studi abbia fatto, quali mostre abbia calpestato, quanti anni abbia. 
Ma, francamente, non mi sembra così importante. L’amore non ha età.

Ed ora, rimboccatevi gli occhi.










Mi aggiravo, mi aggiro da solo attorno al faro bianco, tra sterpi e pruni, graffio le caviglie. 
Il mare stridulo e salmastro, il vento porta la solitudine del mare immenso, rotondo, sto nella riva pietrosa, un angolo fuori, l’acqua che accoglie il lavacro, mi immergo per la purificazione del corpo, della mente, per staccare dal mondo, 
per non sentire, per non vedere, per condividere l’acre e il selvatico, la terra nuda, la sabbia, la polvere, il sabbione, le pietre che pungono, sto supino sotto il ginepro aspro e contorto, il vento, il mare, le pietre, la solitudine, il silenzio, l’acqua.”

Mario Pischedda 



"Il disordine dei suoi archivi potrebbe far pensare ai fratelli Collyer (disposofia, disturbo patologico che spinge un individuo a conservare cose che non saranno mai utilizzate né buttate n.d.r.)... ma non c’è attaccamento morboso alle opere, al contrario c'è un distacco, c'è un senso del fluire del lavoro che non si deve fermare. Il nocciolo della questione è che Mario Pischedda ci sfida proprio sul crinale dell’opposizione insanata (ma sanabile) fra quantità e qualità: molte sue immagini sono belle, e in un flusso potente ognuno può trovare il proprio bello fra le pieghe del discorso. E poi Pischedda è spiazzante: lavora anche sulla riduzione, scegliendo fra dieci solo l’immagine che lo convince, delle volte mette fuori la macchina fotografica dal finestrino dell’auto e mitraglia il paesaggio con il dito schiacciato sopra il pulsante (e sceglie di mostrarne dieci di fila, con um film a fotogrammi congelati), altre volte è capace di scattare immagini per un giorno intero fino a cogliere il blink esatto della luce del faro mentre gira e colpisce l’obiettivo con il taglio voluto (uno su centomila)".
 dal saggio Cinque passi nel delirio + 1, di Eugenio Alberti Schatz (2012)

Alessandro Accatino e Alfredo Accatino, lago di Coghinas, 2011


[spam poetry] settembre

Ora è il momento della poesia
Quelle sensazioni che mi attraversano strane
Una sospensione leggera
une angoisse subtile et incroyablement bien dosée
appunti piccoli e rapidi alla Bombard
naufragé volontaire
pesci volanti i pensieri
la sete quella di sempre
astratto
distratto
la gioia di settembre
che mi fa gustare tutto come qualcosa di speciale
i fichi l’uva
e l’aria così trasparente

Mario Pischedda






2013. esce il bellissimo film ONDE ROD
un film in movimento.
Con un finale, nella notte, che colpisce al cuore.








pixel arte concettuale "arte contemporanea" performer performance tribal art street art cultura pop saactchi gallery london kassel mostra sardegna arte sarda pischedda mario alfredo accatino eugenio alberti schatz art kunst arte artista